Ci eravamo lasciati all’arrivo al rifugio Alpetto del primo giorno di marcia del Giro del Monviso, poco prima di un’intensa grandinata serale…
Secondo giorno
Decisa ad aspettare l’alba, insieme ad altre persone mi sveglio alle sei. Togliendo con la mano l’umidità dal vetro della camerata intravedo un panorama nitido. Una volta fuori, il freddo pungente passa in secondo piano: la luna piena si staglia dietro il Monviso, ben visibile, ed i suoi satelliti. Davanti, il rifugio dell’Alpetto appare come una casetta di un presepe occitano, appena illuminato dalla luce delle finestre della cucina: anche i nostri ospiti sono già svegli. Osservando meglio, una puntiforme lucina sul fianco del Re di Pietra rivela la minuscola presenza di qualcuno che vuole conquistarne la vetta. Inizia ormai ad albeggiare, mentre la luna cade letteralmente a picco dietro le montagne. Oltre le gole dell’Alpetto la pianura è avvolta da una coltre di spesse nubi, che lascia comunque filtrare l’aurora ed i suoi colori. Via via il Monviso si accende e diventa rosa, poi ocra, lasciandoci senza fiato. Anche il lago dell’Alpetto e le sue rive si incendiano di arancione e di giallo. Con le prime luci, due nere salamandre di Lanzai si riposano su una piccola roccia prima di ritornare nei loro nascondigli. E’ per noi tempo di fare colazione e quindi di partire. La giornata è buona ed il sole è già forte, pur essendo molto presto. Dal rifugio seguiamo il sentiero in salita lasciando alle nostre spalle il lago dell’Alpetto ed i meandri dell’omonimo rio, che conferiscono al pianoro ormai sotto di noi un aspetto quasi tolkeniano. Procediamo ora su una grossa pietraia, saliamo ancora e ci dirigiamo verso il Colle del Viso. Davanti a noi si staglia la sagoma inconfondibile del Viso Mozzo, che fa da sfondo al rifugio Quintino Sella. Sulla nostra sinistra giganteggia vicinissima la parete orientale del Re di Pietra, impossibile da cogliere nella sua interezza, impossibile da riflettere completamente nel pur esteso Lago Grande di Viso sotto di lui. Facciamo una sosta: oggi è infatti una giornata speciale in quanto i giovani gemelli Dematteis
tenteranno di battere il record di ascesa sul Monviso partendo da Pian del Re. Il tutto, di corsa. Dopo poco li vediamo passare, a poca distanza l’uno dall’altro, proprio accanto a noi, lungo le sponde del lago. Ci uniamo alle voci delle altre persone dislocate lungo il percorso e li incitiamo. Le loro gambe e braccia sono un fascio di muscoli tesi nello sforzo. Ci superano dirigendosi velocemente verso il Passo delle Sagnette. Dopo poco li vediamo sparire fra il grigio delle rocce mentre vanno su, sempre più su. Un rombo di elicottero sopra le nostre teste li segue fedelmente nell’impresa, pronto ad accoglierli una volta raggiunta la cima. Più tardi verremo a sapere che ce l’hanno fatta: un’ora e quaranta minuti per conquistare la vetta del gigante delle Cozie, di corsa, partendo da Pian del Re. Un’impresa che un bravo alpinista compie, escludendo la pausa in rifugio per dormire, in un tempo circa cinque volte superiore. Il cielo terso dura poco, e le caratteristiche nebbie della Valle Po
iniziano a salire, occultando il Monviso. Prendiamo la mulattiera che, in lieve salita, conduce all’ampia depressione del Colle del Viso tra il Re di Pietra ed il Viso Mozzo. Costeggiando quest’ultimo, procediamo fra grossi massi, quindi scendiamo tagliando alla base la morena settentrionale del Monviso, per poi scendere ancora con altri tornanti verso il Lago Chiaretto, dal caratteristico colore azzurro lattiginoso. La nebbia è molto fitta, ed il lago fa capolino solo per alcuni brevi istanti. Aspettiamo Andrea che è rimasto insieme a un signore del gruppo che ha male ad un ginocchio. Fa freddo, un freddo acuito dalla forte umidità, e l’attesa di una buona mezz’ora non fa che renderlo quasi insopportabile. Finalmente ci riuniamo e ripartiamo. Tagliamo a mezza costa i ripidi pendii che sovrastano il lago, sino ad arrivare ad un bivio. Trascuriamo il sentiero che porta a Pian del Re e risaliamo sulla traccia che conduce alla Colletta dei Laghi. Le aspre rocce delle immani pietraie lasciano il posto a pendii erbosi dal verde brillante, punteggiato da rossi cespugli di mirtilli. Dopo una breve discesa, il sentiero s’innalza diagonalmente, lasciando in basso a destra il lago Lausetto, dalle molteplici sfumature blu in presenza di luce, ed il bel lago Superiore. Salendo a sinistra fra erba e pietrame raggiungiamo una spianata coperta di massi , quindi percorriamo una conca detritica, fino al Colle Losas tra le Rocce Alte e Punta Udine, dove è incastonato il rifugio Giacoletti. Un velo consistente di nebbia avvolge tutto, impedendoci di vedere la parete settentrionale del Monviso. Nonostante ciò, abbiamo il privilegio di osservare tre stambecchi fra le rocce, che ci tengono inchiodati fuori dal rifugio, nonostante il freddo e l’umidità, ancora per circa un’ora, con gli zaini in spalla. E’ bellissimo guardarli balzare agili, a nostra volta da loro scrutati con curiosità e timore nello stesso tempo. Ad un certo punto le mani sono troppo intirizzite dal freddo, tanto da rendere difficile scattare altre foto a questi splendidi animali. Entriamo nel rifugio e ci rifocilliamo con una corroborante zuppa calda e della carne al civet, quindi giochiamo qualche partita a carte mentre ascoltiamo i ragazzi del rifugio cantare accompagnandosi con la chitarra. Alla fine di questa seconda giornata lo zaino si è fatto sentire di più, probabilmente per l’accumulo di strada con il primo giorno e per il freddo umido.
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