Il Parco del Monviso è per la maggior parte degli 8334 ettari con cui si sviluppa, sopra i 1700 m. di quota. Di conseguenza le specie animali presenti sono quelle tipiche delle “terre alte”. Vediamone alcune di queste specie caratterizzanti l’area. Incominciamo dagli Ungulati (così definiti per il fatto che i loro zoccoli sono formati da grosse unghie) e in particolar modo dall’elegantissimo Camoscio (Rupicapra rupicapra) il quale va a collocarsi nelle zone più elevate del Parco del Monviso, sebbene nelle stagioni invernali, particolarmente copiose di neve è avvistabile anche a quote decisamente più basse in cerca di cibo. Lo spazio abitativo d’alta valle è condiviso pacificamente con lo Stambecco (Capra ibex). Le due specie hanno diverse cose in comune a incominciare dalla dieta: ambedue erbivori e dalla passione per il sale, di cui ne sono ghiotti e che non riescono ad assimilare se non leccandolo direttamente dalle rocce o da tronchi carbonizzati. Ben diversa la corporatura, un maschio di Camoscio può arrivare a pesare 50 kg contro i 110 dello Stambecco. Ambedue in possesso di corna, più corte e uncinate quelle del primo più robuste e decisamente più lunghe quelle del secondo. A quote più basse, ma spesso sappiamo che gli areali vanno spesso a sovrapporsi, sempre parlando di Ungulati troviamo il Capriolo (Capreolus capreolus) e il Cervo (Cervus elaphus). Più piccolo il primo come dimensioni e peso, decisamente più imponente il secondo. Il maschio di Cervo può infatti arrivare a pesare 210 kg contro i 25/30 del Capriolo. Ogni anno, entrambi perdono i palchi, Il Cervo sul finire della la stagione invernale, decisamente prima il Capriolo ( provate a prenderne in mano uno di Cervo adulto… il peso è tale da giustificare l’abbandono del pesante fardello durante il periodo invernale, quando di fatto non servirebbe nulla, essendo utilizzato solo ed esclusivamente per fronteggiare, durante la fregola, gli altri maschi ), ricresceranno velocemente per essere pronti durante la stagione degli amori, sempre più lunghi e ramificati a differenza di Camoscio e Stambecco ai quali le corna non cadono mai. Un capitolo a se merita la Salamandra di Lanza
(Salamandra lanzai) specie endemica della zona per la quale vi rimandiamo al link *** . Ritornando in quota… per esser più precisi, in alta quota, non si può non menzionare il Gipeto (Gypaetus barbatus). Per anni vittima di una caccia senza quartiere, si pensava infatti che si cibasse di agnellini, capretti e perché no di piccoli di cucciolo d’uomo, da qui il suo nome nella vulgata popolare di “avvoltoio degli agnelli”. Oggi sappiamo che essendo un avvoltoio si nutre di carogne, e che è per di più un uccello dall’indole per nulla aggressiva. Reintrodotto recentemente abbinato a un bel progetto di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, pur non essendo una specie nidificante all’interno dei confini del Parco del Monviso (almeno per ora!) con un po’ di fortuna potremmo riuscire a vederlo in tutta la maestosità dei suoi tre metri di apertura alare. Continuando ad occuparci di rapaci una menzione speciale va all’Aquila Reale (Aquila chrysaetos) vera regina del parco, praticamente inconfondibile la sua sagoma in volo, dopo esser stata anch’essa per decenni cacciata con la conseguente riduzione di poche unità su tutto il territorio piemontese viene ora catalogata tra le specie il cui rischio di estinzione sembra essere scongiurato. A ciò ha contribuito sicuramente la crescita numerica delle aree protette abbinata ad un vero e proprio cambiamento culturale nei confronti del rapace a partire dagli anni settanta in avanti, cambiamento culminato nel 1992 con l’inserimento tra le specie a protezione assoluta. L’areale occupato da ogni coppia è intorno agli 80 km quadrati per cui non di rado la si può osservare oltre i confini del parco. L’Aquila da buon rapace si nutre di piccoli di ungulati, lepri, roditori, integrando la sua dieta con resti rinvenuti di animali morti.
Proprio la Marmotta ha nell’Aquila il pericolo pubblico numero uno, il suo incedere goffo, per certi versi accattivante ai nostri occhi, ma terribilmente lento la rendono una facile preda per un uccello che in picchiata può raggiungere i 200 Km/h. Per ovviare a questo problema la marmotta costruisce una tana con diverse vie d’entrata proprio per agevolarsi la ritirata. Chi percorre abitualmente i sentieri di montagna sopra i 1500/1600 m. di quota si sarà sicuramente imbattuto in questo roditore che irto sulle gambe posteriori emette un suono simile a un fischio. Bene signori avete appena fatto conoscenza con la Marmotta preposta a far da sentinella, proprio così, questi mammiferi hanno un comportamento sociale molto sviluppato, vivono in quelle che potremmo definire “grosse famiglie allargate” dove una di queste svolge questo importantissimo compito e dove i piccoli rimangono in casa sin dopo il primo anno di vita… Ma forse questa è una caratteristica delle marmotte italiane, sappiamo come il maschio italico abbia delle difficoltà a lasciare il nucleo abitativo d’origine….
Testo: Andrea Arnoldi – Accompagnatore naturalistico MonvisoPiemonte
Il presente articolo vuole giusto dare un idea delle specie più rappresentative presenti all’interno del Parco del Monviso, non può essere considerato ne esaustivo, rispetto alle specie elencate ne sufficientemente approfondito per quanto riguarda le informazioni date su ogni singola specie presa in esame. A tal proposito per approfondire l’argomento vi consigliamo:
La nostra Fauna. Edito dalla Regione Piemonte
-Gli Ungulati selvatici.
-Rapaci diurni e notturni
-Grandi e piccoli predatori
Gli uccelli delle Alpi, Caula, Beraudo,Pettavino Ed. Blu
I Mammiferi delle Alpi, Canalis Ed. Blu
Hanno senza h 😁
Grazie Roby, purtroppo non abbiamo trovato questo errore.. potresti evidenziare il passaggio in questione?
Grazie per la collaborazione
“Sin dal primo anno di vita” invece c’è scritto “Sin dal primo hanno di vita”.
Grazie Claudio e Roby.. trovato l’errore.