Da tempo lontano, con recenti accelerazioni, non passa giorno che non si discuta del principale problema che ha davanti l’umanità: l’ingordigia, o se meglio preferite la cupidigia di Divina memoria. La Lupa, la fiera che sbarra il passo al poeta; l’avarizia rappresenta per Dante la causa prima del disordine morale e politico in cui versava l’Italia del primo Trecento. Pensate un poco… E quanta prima ancora, secoli e secoli di “sviluppo umano“, di PIL esponenzialmente crescente, e noi siamo ancora qui a parlare di lei, la bestia.
E sotto quale forma i narratori odierni ci raccontano di questa fiera rapace? L’emigrazione ne assume i contorni, il male arriva dal mare per alcuni, dai monti per altri, per tutti il male è l’altro, il predone del deserto, il barbaro che scalpita oltre la cortina alpina, l’ultimo, il miserabile, l’errabondo.
Il problema è storico, direi storicizzato o meglio ancora cronicizzato.
Per stare alle cose più prossime, che dovremmo in maniera migliore ancora ricordare essendo state vissute da nonni o padri, basterebbe fare lo sforzo di spremere le meningi o aprire qualche testo di storia contemporanea e qui scopriremmo che i nonni dei padani ( ma chi sono i padani oggi?) oltrepassavano per necessità i finti confini, pura invenzione cartografica e mai reale (può essere utile la lettura delle testimonianze de “Il mondo dei vinti” di Nuto Revelli). Dalle terre alpine si svalicava continuamente in certa di migliore fortuna da sempre, fino agli esodi di massa verso le terre promesse americane di fine ottocento e primi del novecento, alle fughe verso il nord industriale delle meglio gioventù sudiste. Insomma interno/esterno che sia, l’uomo quando ha fame, paura, disperazione e forse anche sogno di un futuro migliore si sposta, con buona pace dei frontierapensiero.
I quali però sono sempre poco attenti alle cause delle fughe, distratti dalle proprie o generali responsabilità degli Stati, che, tralasciando guerre e fenomeni accessori, si fondano su una nuova versione del colonialismo, il land grabbing.
Infatti se fino a un centinaio di anni fa era moralmente diffusa la consuetudine per i paesi più forti militarmente di farsi “l’Impero” e di tracciare linee, ecco i confini, su interi continenti senza che i diretti indigeni ne fossero consapevoli e soprattutto favorevoli, oggi che siamo, forse ancora per poco, politically correct, e che viene sempre più difficile far digerire alle opinioni pubbliche guerre di conquista, siamo così passati nel corso degli anni dalle guerre giuste, guerre d’esportazione dei diritti, guerre umanitarie agli acquisti in grande stile di intere fatte di territorio di stati sovrani. Sovrani o dittatoriali? Sicuramente l’erosione del potere da parti di lobby e multinazionali, che hanno in mano capitali superiori al PIL degli stati che le hanno partorite, sui Governi ha inciso su questo nuovo approccio politico. Prima il potere conquistava attraverso le guerre di Stato ora compra a pochi spiccioli, sovente con l’ausilio di quei sovrani corrotti, direttamente quello che gli interessa: un ghiacciaio per l’acqua?, un deserto per le risorse energetiche?, distese di terra agricola per biodiesel?
Molteplici e variegati sono gli investimenti a cui sovente fa capo la Banca Mondiale, sviluppo e progresso le solite trite parole d’ordine sulle quali si fonda il furto legalizzato. E poi che succede? Succede che chi ruba, sob chi compra, sfratta chi c’era prima e questo si mette in viaggio cercando soluzioni migliori di vita e in minima parte arriva da noi trasformato nella Lupa dantesca. Ma allora possiamo ancora parlare di razzismo o di classismo?
E così resuscita la vetusta questione della classe, che pareva scomparsa dai radar dell’analisi politica, dal maquillage della furba politica, che si smaschera facilmente. Siete mai stati in uno dei luoghi più turisticamente frequentati del mondo, mai stati a Venezia? Non ci crederete ma sono migliaia, milioni gli immigrati che sbarcano ogni anno sull’isola e nessuno si lamenta. Cinesi e asiatici di tutte le patrie, americani di tutte le longitudini, russi e cosacchi, sono tutti accolti benevolmente, anzi gli fanno ponti d’oro, si privano delle proprie case per accoglierli, aprono osterie per sfamarli, gli riservano isole per farli star comodi. Tutti si offrono di farli divertire, li portano in giro su barche lussuose, li portano in visita nelle magnificenti architetture serenissime. Tutti migranti ma questi sono diversamente ricchi e gli altri decisamente poveri. Finiamo la filippica citando gli ultimi dati Oxfam relativi al 2017 (qui quelli del 2015). “L’82% dell’incremento di ricchezza globale registrato l’anno scorso è finito nelle casseforti dell’1% più ricca della popolazione, mentre la metà più povera del mondo (3,7 miliardi di persone) ha avuto lo 0%. In Italia a metà 2017, il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta. Nel periodo 2006-2016, il reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuito del 23,1%.”
E quindi una preghiera, se vogliamo onestamente tentare di risolvere, nei limiti del fisiologico, la questione migrazione cerchiamo di vedere le cause prime, perchè l’avarizia mal si addice a chi è stato derubato semmai è nel portafoglio di qualche pasciuto riccastro.
Lascia un commento