Un mare bianco dove il Monviso appare come un’isola
C’è un luogo speciale in alta valle Po, meno conosciuto dai più, dove fitti boschi si alternano a vasti pianori ameni, interrotti qua e là da suggestivi borghi, ancora oggi abitati, e da resti di gruppi di meire, retaggio di un passato non troppo remoto. E’ il vallone laterale del Lenta: soltanto qui l’impervio e severo Monviso e la sua catena vengono addolciti dal panorama. Solo qui, in questo paesaggio da cartolina, il Re di Pietra appare come un gigantesco pastore buono che sorveglia le greggi di animali e di uomini che si avventurano su prati e sentieri. Poi, d’inverno, il roccioso guardiano stende un immenso lenzuolo bianco che ricopre tutto, facendolo a poco a poco cadere in un dormiveglia. Spariscono mucche e pecore, ma restano i pochi uomini che scelgono di frequentare questi posti caduti in un fatato letargo per rigenerare corpo e spirito. Sono molti i sentieri percorribili con le ciaspole in val Lenta, e fra questi due sono impressi nel mio cuore. Pian Paladino è una vasta spianata dove la visione sul Monviso e sui suoi satelliti è mozzafiato, soprattutto perché si manifesta all’improvviso dopo una lunga salita in un bosco di faggi, betulle e maggiociondoli inframmezzato da memorie di antiche abitazioni. Una vera e propria visione che si apre su un pianoro di neve violata soltanto dalle tracce di qualche lupo, lepre, gallo forcello o capriolo. Nel silenzio mistico del luogo, ogni prospettiva viene rivisitata per via del bianco che colma tutto lo spazio fra noi e la Montagna. Un mare bianco, costellato qua e là da grossi massi erratici ricoperti di bianco così tanto da ingannare l’occhio che le osserva circa le loro vere dimensioni. Un mare bianco dove il Monviso appare come un’isola, come l’Itaca interiore che ciascuno di noi ricerca durante il proprio avventuroso e personale viaggio. E’ bello estraniarsi con la mente da chi è con noi in quel momento e cercare nel silenzio il contatto con il Re di Pietra e sentirsi in qualche modo protetti da questa austera ma rassicurante sentinella, custode di questo luogo magnifico, ed espressione dell’Assoluto da cui tutto ha origine. Sono stata più volte qui, in inverno ma anche in primavera ed in autunno, ma mentre in queste due ultime stagioni secondo me è il bosco il vero protagonista, sicuramente è con l’arrivo della neve che l’immenso pianoro dà il meglio di sé, caricandosi di suggestioni. Salendo ancora, da Pian Paladino si può arrivare alla Croce Bulè, dalla quale si dominano con lo sguardo le Rocce Bianche, la gola dell’Alpetto e l’omonimo rio. Questo è un luogo della memoria: erano venticinque i giovani partigiani che scesero dalle montagne durante il terribile rastrellamento dei nazifascisti; si divisero, e il 23 aprile 1944, dodici furono intercettati e uccisi proprio qui, sopra Oncino. Uno solo si salvò.

Il Monviso un maestoso vulcano
Il Bric Arpiol, o Monte Tivoli, è un’altura poco pronunciata, ma privilegiata, in quanto da qui si gode una vista unica sul Monviso e sulla sua catena. Il sentiero per il Tivoli si snoda attraverso antichi borghi disabitati – le meire Tirolo e Paschie – file di maggiociondoli e saliconi ora spogli e grossi massi tondeggianti semi sommersi dalla neve. Continuando a salire la traccia si affievolisce fino a perdersi, gli alberi scompaiono e restano solo i pietroni erratici isolati. Da subito il Re di Pietra irrompe rubando la scena a tutto il paesaggio circostante. La ciaspolata all’Arpiol è stato il mio inizio del 2018, un soleggiato ma ventoso primo gennaio, condiviso con persone positive ed amanti della montagna e di tutti i suoi significati. Il panorama si apriva abbagliandoci di bianco e di azzurro. Il silenzio era rotto dallo scricchiolio della neve sotto alle ciaspole e dal soffiare del vento. La vasta collina bianca su cui ci trovavamo dominava la nostra visuale, celando via via il Monviso. Solo più la sua punta emergeva da questo candore, attirando una nuvoletta solitaria che lo faceva sembrare un maestoso vulcano. Un vulcano che aveva rivestito questa altura di lava bianca, le cui pieghe si erano istantaneamente congelate per il freddo, disegnando il pendio con striature casuali. Ma la neve di quel giorno assomigliava anche ad una gigantesca meringa, creata con un gigantesco sac-à-poche da un titanico cuoco. Una meringa la cui crosta si sbriciolava sotto i nostri passi, sostenendo il nostro peso dove era più spessa e facendoci affondare dove era più sottile. Poi la luce del primo pomeriggio colpiva la neve facendola brillare. Ora l’altura aveva le sembianze di una surreale banchisa, su cui si destreggiavano non orsi bianchi, bensì noi, che sulle nostre ciaspole iniziavamo la discesa. A sinistra, la vista di Ostana sovrastata dalle due cime di punta Ostanetta ci accompagnava per un po’. Rientravamo fra i resti di borgata Tirolo e poi di borgata Paschie e nuovamente attraverso i rami ricurvi dei maggiociondoli. Infine ridiscendevamo in auto fino a Calcinere per chiudere in allegra compagnia questa bellissima prima giornata del nuovo anno, convivialmente intorno ad un tavolo, gustando del buon cibo.
Lascia un commento