La caccia è aperta, quella che si fa con macchina fotografica, intendo.. da qualche settimana i cervi sono nel pieno della stagione degli amori, e il loro potente bramito si diffonde sui declivi dei monti che si accendono dei colori dell’autunno magnifico.
Si sale e si scende su vecchi sentieri ormai abbandonati da molto tempo, dove i muretti a secco, che ne delimitano il margine esterno, lasciano ancora stupiti da tanta bellezza costruttiva. Via via che il richiamo amoroso dei cervi arriva più forte, ci stiamo avvicinando; si abbandona la traccia e si sale a “udito” nel “dritto”, prestando attenzione alle perfide radici dei faggi, che le prime foglie cadute rendono insidiosissime. E’ un autunno secco, erede di mesi siccitosi, le felci sono scheletri ocra che il sole incendia nel sottobosco, intorno a noi pochi segni del classico ottobre autunnale; i colori certo, le castagne, piccole assetate, ma scarsi gli odori, il muschio, i funghi assenti.
Ecco arriva fragoroso un nuovo bramito, il cervo dev’essere molto vicino ma… non riesco a concentrarmi, sono continuamente bersagliato da dei moschini fastidiosissimi, che dal primo incedere in questi boschi mi hanno preso d’assalto sempre più frequentemente. Mi assalgono alla testa e nelle parti scoperte, mi sento prudere e continuo ad agitare in aria le braccia… ma che diavolo succede, non mi era mai capitato, o perlomeno non con questa intensità. Catturo uno di questi noiosissimi pirati dell’aria e subito sono colpito dal fatto che schiacciandolo con un dito nel palmo della mano, il soggetto dimostra una resistenza fuori dal comune, perde entrambe le ali ma non sembra curarsene, zampetta con le sue 6 zampe e cerca scampo. Così distratto non mi avvedo che il cervo, appostato dietro ad un rudere sprofondato nelle vegetazione, mi sente imprecare e con un paio di balzi possenti, che fanno vibrare il terreno intorno a me, si dilegua rapido come il bagliore di un fulmine. Rimango impietrito con il cuore in gola e l’amaro sapore di una sconfitta, in mano l’insetto misterioso zampetta e fugge pure lui. Di cosa si tratta lo scoprirò sono al mio rientro grazie ad un amico che mi indica nel lipoptena, o mosca del cervo, il parassita. Simile ad una zecca questo piccolo insetto, che si riproduce soltanto sui cervidi, non è però portatore di malattie per l’uomo. Grazie alle ali raggiungono le loro prede e qui, deponendo le stesse, iniziano ad alimentarsi del sangue dell’animale fino al momento dell’accoppiamento che avviene tra i peli del cervo.
Una curiosità anche sul corpo di Ötzi sono stati trovati i resti di Lipoptena cervi; bene a distanza di 5000 anni condivido i fastidi di questi insetti con l’illustre antenato durante una caccia.. per me fotografica.
Vi ringrazio per le preziose informazioni scientifiche che ci comunicate e condivido i vostri pensieri….
Grazie Renzo