In montagna c’è posto per tutti …
Ma siamo proprio sicuri che quest’affermazione sia esaustiva o manca qualcosa?
E’ occasione quotidiana, frequentando i social network, di avere a che fare con tantissimi gruppi di appassionati o semplici cultori delle immagini delle nostra splendide montagne e di imbattersi nei commenti più vari e singolari. Recentemente ci è capitato di osservare le immagini di un post pubblicate in un frequentato gruppo che parla delle montagne e valli cuneesi (quelle pubblicate nell’articolo sono di altre località). Si trattava di riprese riguardanti l’innevamento artificiale di una nota stazione sciistica cuneese; gli scatti ritraevano un gran numero di cannoni da neve nella frenetica attività di creare alcune strisce bianche in un paesaggio autunnale arido e asciutto. Un novembre particolarmente “caldo” aveva impedito di “sparare”, ma alla prima gelata l’industria del turismo dello sci alpino si era inesorabilmente messa in moto.
Naturalmente i commenti alle immagini hanno da subito evidenziato una spaccatura tra i sostenitori dell’iniziativa e i suoi avversari; questi ultimi subito etichettati come ambientalisti che non vogliono il turismo e che non farebbero mai fare nessuna attività in montagna.
Ecco dunque che con le solite tre parole si liquida una più attenta e forse inesorabile scelta di tutela del nostro pianeta, come retrograda e nemica del progresso.
Premesso che non pensiamo sia progresso disegnare piste da sci in paesaggi aridi, ma piuttosto una forma inutile o effimera espressione di impotenza, ci domandiamo: ma allora il lavoro di divulgazione, conoscenza, creatività di tutti quelli che lavorano per un turismo diverso, meno invasivo è più soggettivo, è qualificabile come antieconomico, non produttivo?
Sicuramente a camminare con gli accompagnatori naturalistici non ci sono le orde di fans dello sci comodo e inquadrato che si manifesta nelle stazioni sciistiche e se il PIL di queste differenti attività si misura con i numeri allora la comparazione non regge. Ma… come tutte le attività umane al segno più, che normalmente coincide con l’utile per alcuni privati, è necessario affiancare il segno meno, che generalmente ricade su una collettività più ampia.
Iniziamo la conta; per consentire di raggiungere le stazioni sciistiche a numerosi fruitori servono strade ampie, di veloce percorrenza, adatte alla viabilità di grandi mezzi di trasporto, da tenere libere da neve. Queste strade generano un traffico elevato, maggiori incidenti, sono fonte di rumore e produzione di inquinamento. La raccolta e lo smaltimento delle grandi quantità di rifiuti generate dall’afflusso dei turisti sono un costo evidente per i piccoli comuni montani. Ci fermiamo qui, ma tutti questi costi chi li paga? Insomma le grandi stazioni sciistiche riproducono i modelli della città in montagna, sono accentratori di consumo e generano delle trasformazioni ambientali e sociali non reversibili.
E l’alternativa quale sarebbe? Senza pensare che la soluzione sia di facile applicazione noi indichiamo due strade percorribili: la distribuzione dell’accesso alla montagna e la sua fruizione differenziata. La seconda seconda proposta è raggiungibile dividendo in tanti gruppi in molte aree della montagna la marea che si riversa in poche località che spacchetti in tante unità quello che oggi è il concentramento dell’industria del turismo. Sicuramente un cambiamento di questo genere è fattibile solo con la consapevolezza delle persone e con la messa in discussione delle proprie abitudini, con la presa di conoscenza che la montagna è un ambiente delicato e che le attività che ci si possono praticare generano un impatto. Ma questo non basta, sarebbe necessario anche un diverso concetto di accesso alla montagna, è reale pensare ad un progetto per la montagna, ad numero chiuso che la tuteli? Pensiero utopico o da snob? Forse, ma pensate a quanti luoghi pubblici sono regolamentati e consentono l’accesso ad un numero massimo di fruitori (treni, cinema, stadi ecc..), ci sono parchi o zone speciali che limitano l’accesso, ebbene perché non estendere questo concetto anche alla montagna in generale?
Per noi dunque, in montagna c’è posto per tutti .. quelli che la rispettano!
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