Ma come ci si comporta con i rifiuti in montagna? Una bella domanda alla quale cercheremo di dare una risposta prendendola molto alla larga…Uno degli aspetti più drammatici legati allo sviluppo delle società moderne è quello della “monnezza”, della creazione, a partire dalla trasformazione di risorse naturali, di una immensa montagna di rifiuti e la loro seguente dispersione nell’ambiente. L’esempio forse più impressionante di questa triste verità si materializza nell’oceano Pacifico, in maniera più piccola nell’Atlantico, dove un’intera isola di rifiuti di materiale vario, plastica in maggioranza, dalle dimensioni incredibili, più grande della Penisola Iberica, galleggia ormai da decenni inglobando continuamente nuova materia.
Da quando l’Occidente ha conosciuto il suo sviluppo economico sono progressivamente cambiate le abitudini dei cittadini, presto divenuti consumatori. Basta con il riuso, basta con il vetro a rendere, stop alla sporta di tela per la spesa, drastica diminuzione della vendita al dettaglio e decollo del packaging, lo svuotamento delle vecchie abitudini di economie parche al posto di un comportamento allegro e disinteressato ci ha riempito, più o meno inconsapevolmente, di rifiuti. I rifiuti si sa sono fonte di “business”, sia illegale, da tempo il termine Ecomafie coniato da Legambiente è ormai noto all’opinione pubblica, sia legale, come non pensare alla pessima gestione della raccolta differenziata a vantaggio degli inceneritori, che hanno anche paradossalmente incentivi legati alla produzione di energie pulite. Dunque mafie e lobby di potere dietro al grande traffico dei rifiuti, alla mole che quotidianamente ognuno di noi produce. Ma come abbiamo visto precedentemente le plastiche sono anche fonte di inquinamento dell’ambiente. Oltre all’inquinamento di falde acquifere, recenti studi ci avvertono che molecole della plastica, disfatte in più o meno grandi porzioni, disperse nei mari sono mangiate dai pesci e sono portatrici di malattie e disfunzioni, nonché di malformazioni nella loro riproduzione; e così ci possono capitare nel piatto e finire assimilate dal nostro organismo.
Non esiste luogo al mondo nel quale si svolgano attività produttive, e il turismo è una di queste, dove non si colgano i segni di questo progresso umano. Le aree di montagna non sono esenti dall’essere invase dai rifiuti; meritano un premio le grandi dispersioni che spesso si incontrano dopo le festività o le domeniche in alcune aree attrezzate alla sosta pic-nic, ma non solo. Qui l’attenzione massima nel divertimento si unisce alla stravagante abitudine all’abbandono di masse impressionanti di rifiuti pensando che spetti a qualcun altro di raccoglierle. La gestione dei rifiuti assume dunque connotati ancora più delicati nelle aree in cui l’ambiente naturale rappresenta la ragione stessa dello sviluppo economico; così è per il territorio del Parco del Monviso, MAB Unesco, dove è importante vigilare costantemente sulla questione e fare opportune comunicazioni ai turisti. La migliore soluzione possibile è sempre quella di non considerare i propri scarti come oggetti da abbandonare nel cammino, a volte in un angolo del rifugio che ci ha accolti, ma di pensare che la cosa migliore sia quella di riportarli con noi fino a valle in un cassonetto della raccolta differenziata, meglio se uno del proprio comune di residenza essendo al tassa sui rifiuti comunale. Per quello che ci riguarda nelle nostre escursioni procediamo in questa maniera, sia in quelle giornaliere, che in quelle di più giorni, come il Giro del Monviso. Un sacchetto al seguito legato allo zaino non sarà bello, ma è decisamente più giusto.
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