Dopo le fatiche del terzo giorno di cammino ci si prepara all’ultimo giorno di marcia… siamo in Francia, al Refuge du Viso.
Quarto giorno
Al mattino, fiduciosi, ritentiamo una levataccia con ragione: dalla finestra intravediamo infatti un cielo stellato, la luna e, sorpresa, una prima spolverata di neve sui monti. Ci vestiamo e usciamo a fare le foto, cercando innanzitutto la “faccia francese” del Re di Pietra. In realtà il Monviso non si trova sullo spartiacque della catena alpina che segna il confine fra Italia e Francia, bensì su quello secondario che separa la Valle Varaita dalla Valle Po. Tutte le sue creste e pareti sono perciò in territorio italiano. Ma c’è una parete che, benché italiana, dall’Italia non si vede: è la Nord-Ovest, la più severa ed appartata del Monviso, con il suo vertiginoso scivolo di rocce e neve, dove il ghiacciaio pensile del Triangolo sta sospeso a ridosso del maestoso Dado di Vallanta. Questa faccia guarda verso la valle del Guil, nel Queyras, ed è proprio quella che si staglia ora di fronte a noi, mentre la notte sta pian piano cedendo il passo al giorno. Con la luce incipiente, la neve ed il ghiacciaio sul Re di Pietra assumono surreali sfumature azzurrognole. La fredda aria mattutina sposta già verso questo poderoso gigante qualche nuvoletta. E’ davvero maestoso il Re di questo regno di silenzio intervallato dal soffiare del vento, affiancato dai suoi rocciosi ed aspri scudieri-satelliti. Ogni pietra qui sta al suo posto da tempo immemore. Il titanico Dado di Vallanta giace nella sua possente orizzontalità sulla cima del Sovrano, alla stregua di un’ancestrale corona.Tutto questo incute in noi rispetto, soggezione ed ammirazione, lasciandoci in contemplazione quasi senza fiato. E’ di nuovo ora di partire. Lasciamo il rifugio Viso alle nostre spalle e procediamo in direzione del Monviso e dell’Italia, seguendo un sentiero che va ad attraversare il torrente Guil e che poi sale fino al piccolo Lac Lestio, posto in una bella conca dominata dalla cresta di Punta Roma. La prima brina ingioiella i fili d’erba e gli sparuti fiori, facendoli brillare ai raggi di un sole timido. La luna giganteggia ancora dietro di noi. Costeggiamo il lago ed iniziamo a salire su pietraia e placche inclinate, fino a raggiungere il Passo di Vallanta. Fa freddo. Il profilo conico del monte Losetta torreggia sulla nostra destra, mentre di fronte il Monviso è sempre più vicino e già si intravede alla sua sinistra la sagoma aguzza del Visolotto. Scendiamo dal colle verso il
vallone di Vallanta, lungo un sentiero tracciato su una cengia verdeggiante, che contrasta con il cupo grigio della roccia scura dell’aspra parete occidentale del Monviso alla nostra sinistra. Un bizzarro laghetto ai piedi del Re pare colmare una sorta di piccolo cratere. Davanti a noi si scorgono già il rifugio Vallanta ed il bacino artificiale del Lago Bealera Founsa. Oltrepassiamo il rifugio, la cui sagoma ricorda quella della parete Ovest del Re di Pietra. Le Cadreghe di Viso, dalla singolare forma, sono rivestite da un velo di neve.
Pian piano ridiscendiamo il Vallone di Vallanta fino a Castello; le ginocchia sono messe a dura prova da questa lunga discesa, pur con l’aiuto delle racchette. Il peso dello zaino, passato il secondo giorno, è decisamente più tollerabile. Percorriamo il sentiero con la triste consapevolezza che questo splendido giro sta per finire, ma con la felice constatazione che il suo ricordo resterà per sempre vivo dentro di noi.
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