Per raccontare questo forno dai mille sapori – quello del pane appena sfornato, ma anche quello della pasta di meliga e degli amaretti – dobbiamo conoscere Elisabetta, il fratello Enrico e il papà Marzio. Con la passione per il lavoro e l’attenzione per i gusti tradizionali, questi tre artigiani offrono, a Barge, una vastissima gamma di prodotti e valori. «Ci chiamiamo Il fornaio di san Rocco, siamo in attività da 16 anni, è una conduzione familiare – racconta Elisabetta – io servo al negozio mentre Enrico e il papà si occupano della produzione: pane, dolcetti, biscottini caratteristici e campagnoli». I prodotti, tanto per evocare un piacere dolce o croccante, sono: «Il brut e bon che è fatto con la nocciola, esclusivamente nocciola del Piemonte, gli amaretti di mandorla amara, le paste di meliga sempre secondo la vecchia tradizione, le paste frolle che guarniamo con delle chicce di zucchero, poi abbiamo delle semplicissime gallette adatte alla prima colazione, fatte con farina integrale oppure farina bianca, dei baci deliziosi sempre fatti con un tritato di nocciole e farciti con nutella o cioccolato bianco». Se non siete ancora corsi alla bottega per assaggiare tutto, andiamo a scoprire un po’ di storia di
questo panificio: «Noi siamo piuttosto conosciuti perché quando abbiamo rilevato l’attività, precedenti titolari si erano già fatti un nome; i brut e bon, gli amaretti, i biscotti da latte e la frolla, erano conosciuti da tanto tempo. Adesso, quando i nostri clienti vengono per comprare quei prodotti mi chiedono: “E’ sempre la vecchia tradizione?” e noi rispondiamo: “Sì, sì, stia tranquillo non abbiamo cambiato neanche la ricetta, si fidi». La gentilezza di Elisabetta è conosciuta dai clienti del paese e ricordata dalla gente di passaggio, chi va verso la montagna e si ferma per comprare della pizza fragrante, del pane buono o dei dolcetti. Due marchi di qualità rilasciati dalla Camera di Commercio, uno per la pasticceria e l’altro per la panificazione e quando si deve parlare di michette ben cotte, arriva il fratello Enrico: «Noi panifichiamo con una farina di tipo 1 che è una farina ricca di fibre, utilizziamo anche una farina integrale macinata a pietra e saltuariamente farine maltate in miscela con diversi cereali: orzo, avena e farine povere». Se la cottura è rigorosamente nel forno a legna, la lievitazione è un processo sperimentato nel tempo per ottenere il miglior risultato: «La nostra prerogativa è che non abbiamo un vero e proprio impasto di partenza, ma iniziamo sempre da un resto di lievito precedente; non abbiamo un ceppo batterico conservato in uno starter batterico, ma rinnoviamo continuamente la biga di per se stessa». E’ sempre una lievitazione naturale di 3 o 4 ore, ma ha qualche rinfresco in
meno. E’ il papà Marzio ad aver trasmesso questa sapienza ai figli: «Magari anche un po’ controvoglia ma comunque, un po’ per forza e un po’ per necessità, siamo sempre stati in alberghi, ristoranti, hotel – continua Enrico – alla fine siamo approdati anche in panetteria perché mio papà da giovane lavorava in una grande pasticceria di Torino dove si facevano soprattutto panettoni e quindi aveva delle conoscenze piuttosto ferrate sull’uso della lievitazione naturale». E per il futuro? «Abbiamo dei nipoti che magari vorranno continuare con noi, purtroppo per i giovani è un pochino più impegnativo, ci sono degli orari molto faticosi, quindi se non ci sei proprio dentro ti sembra solo un sacrificio, invece una volta che fai questo lavoro, ti piace, lo fai con passione e sai che la passione ha bisogno di tempo per crescere». Cosa si pensa di MonvisoPiemonte alla panetteria Chiappi? «Ci è sembrata una cosa bella che il pubblico potesse apprezzare, trovandoci un po’ tutti raggruppati come albergatori, commercianti, insomma un buon sistema per poterci rintracciare, pensavamo al cliente che diceva “Andiamo lì che c’è il pane buono, il biscottino fatto come una volta, la micca di pane ancora cotta nel forno a legna..”».
Testo: Annissa Defilippi
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