Storie di cucina e di famiglia intorno a una tavola piena di persone. “Io mi siedo qua e tu dove ti metti?” Case piene come osterie. E cucinare per 7, 8 o 12 persone: “Ti fermi a cena?” “Restate per pranzo?”. E compleanni, Natale e Pasqua: “Oggi c’è il bollito, per la festa del papà pensavo di fare la polenta”. E per Clelia Carle ci sono i complimenti, tanti: “Bravissima dovresti aprire un locale”. “Si mangia meglio che al ristorante”. Una cuoca di casa con una sapienza antica, che comincia con la spesa, segue il ritmo delle stagioni, le regole della cottura e qualche piccolo segreto. Ma tracciamo una linea del tempo: tra il 2000 e il 2005 Clelia cucina a casa e lavora come impiegata in un settore commerciale, la locanda è ancora chiusa, dietro le finestre sbarrate scorre la storia, da lì si possono sbirciare anni e anni di vapori in cucina. Siamo in un piccolo borgo a
Calcinere, che è, a sua volta, una piccola frazioncina di Paesana con vista Monviso.
«Noi abbiamo la gestione da dieci anni, questo è un locale storico, aperto dagli anni Settanta al 2000, poi è rimasto chiuso fino al 2005, anno in cui lo abbiamo rilevato noi».
A Clelia era sempre piaciuta l’idea di avere un ristorante, il marito l’ha aiutata a cercare un locale e l’Alpino Osteria era lì come ad aspettarli, i proprietari ben felici di affittarlo a gente del posto. C’è una frase che Clelia ripete più volte: l’amore per la cucina e la passione per le buone cose: «Cerchiamo di lavorare il più possibile con prodotti a chilometro zero, qualità nelle farine, antiche varietà di grano e una cucina piemontese rivisitata, piatti della tradizione, piatti diversi e ogni tanto pesce, cerchiamo di accontentare il vegetariano, il celiaco e anche gli amici a quattro zampe, sempre più persone vengono in montagna con i cani». E adesso l’Alpino Osteria è sulla guida dell’Espresso, del Touring Club e di Osterie d’Italia. Sul turismo Clelia condivide la visione di MonvisoPiemonte: «Far conoscere i nostri posti per un turismo ecosostenibile, dato che abbiamo una bellissima valle e ora il Monviso è anche patrimonio dell’Unesco, quindi promuoverlo sì ma senza stravolgere la vita di chi ci abita: chi viene qui ha voglia di respirare un po’ d’aria pulita, allontanandosi dalle zone industriali».
Testo: Annissa Defilippi
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