Quanto il mondo animale sia intimamente connesso con il nostro e quello vegetale non è una novità. Dai Sumeri in avanti (ma con ogni probabilità anche prima) l’uomo ha studiato queste correlazioni. Ciò che invero lascia stupiti e come con quanta facilità l’homo sapiens riesca a dimenticarsene anche quando questo legame gli viene quotidianamente riproposto davanti al proprio naso. E’ il caso del rapporto, potremmo definire simbiotico, vitale tra il Pino Cembro (Pinus cembra) e la Nocciolaia (Nucifraga caryocatactes). Per secoli si sono alimentate false credenze, supportate da osservazioni approssimative e ciò che ancora peggio da testi dalla presunta veridicità scientifica che indicavano nella voracissima Nocciolaia la principale causa del mancato rinnovamento del Pino Cembro. Se vogliamo un trattamento simile è stato riservato al Gipeto che proprio per l’ignoranza che aleggiava attorno alla sua figura veniva chiamato anche Avvoltoio degli agnelli, nonostante fosse del tutto innocuo per l’essere umano e le specie da lui allevate (per la cronaca questo grosso uccello si ciba esclusivamente di animali morti!). Ma torniamo al nostro oggetto d’indagine. Testi editi ancora negli anni trenta del secolo appena concluso, la additavano come specie perniciosa e dannosissima per i boschi in genere. Ovviamente l’ipotesi che fosse l’uomo la causa di questa repentina riduzione delle aree boschive non veniva presa in considerazione. Tagli rasi estesi dovuti sia alla produzione di legna da ardere che alla fabbricazione di mobili crearono zone al limite della desertificazione, al punto che in Engadina l’amministrazione locale arrivò a normare la raccolta delle pigne bluastre del Cirmolo (come viene chiamato da quelle parti) e del relativo, preziosissimo contenuto. Il decreto creò non poca ilarità tra i montanari locali per la limitazione di quella pratica conosciuta da sempre. In un’economia di sussistenza rinunciare hai pinoli del Cirmolo voleva dire rinunciare anche ad una piccola fonte di guadagno extra. Il pinolo è elemento imprescindibile della cucina locale, basti pensare allo Strudel. Come sempre la miopia umana anziché rivolgere lo sguardo su se stessa necessitava di un capro espiatorio. Venne così individuata la Nocciolaia e la sua presunta ingordigia in fatto di pinoli. Nei Grigioni si arriverà a mettere una taglia su ogni uccello abbattuto. Ma
anche da noi le cose non andarono meglio. Tutto ciò andrà avanti sino agli anni sessanta, quando la comunità scientifica si renderà conto del grossolano errore commesso non solo riabilitando la nostra ma addirittura conferendogli un ruolo di primaria importanza per la diffusione del pino. La pigna del cembro è infatti particolarmente coriacea, una vota caduta a terra non si desquama in automatico, c’è bisogno dell’intervento di questo argutissimo uccello il quale batte come un fabbro sullo strobilo, sfruttando pietre piatte o ceppi a mo’ di incudine. La Nocciolaia inoltre tende a stoccare grossi quantitativi di pinoli per far fronte ai lunghi mesi invernali trasportandoli dalla propria “officina” in posti al riparo dagli agenti atmosferici e da altri animali. Riesce a trasportarne anche 100 per volta per un arco di circa 15 km, non male per un essere che vola a gargarozzo pieno. E qui arriva il bello, si è calcolato che la Nocciolaia riesca a risalire all’80/90 per cento dei luoghi in cui ha nascosto il proprio preziosissimo bottino, normalmente esposto a sud. Ciò quindi vuol inevitabilmente dire che ci sarà un 10/20 per cento di semi in grado potenzialmente di germinare e dar vita a nuovi alberi. Non di rado vediamo Cembri cresciuti in spaccature di rocce con la sottostante cembreta a guardare con aria ammirata il proprio consimile posizionato diversi metri sopra di loro. Ovviamente per chiare questioni legate alla gravità, visto che una pigna non può rotolare verso l’alto vi è solo una spiegazione a questo piccolo miracolo.. si proprio Lei. Basta fare una passeggiata nel Bosco dell’Alevè in Val Varaita la cembreta più grande d’Italia ( a proposito in occitano il cembro è l’Elvou, da qui il nome al bosco) per farsi un idea di quanto appena detto, troviamo cembri in luoghi improbabili, spuntoni di roccia precipizi, dopo anni si è capito che per questo piccolo miracolo c’è lo zampino, unitamente a un piccolo deficit mnemonico, della Nocciolaia.
Testo: Andrea Arnoldi – Accompagnatore naturalistico MonvisoPiemonte
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