
La nostra segnalazione non è caduta nel vuoto e ha suscitato un notevole commento in rete, non ultimo quello, privo di elogio, del presidente del Parco del Monviso: “Un bell’esempio di sterile e disinformata informazione visto che l’ intervento realizzato con fondi di un’ associazione privata con la finalità di valorizzare il luogo“. Abbiamo da subito chiesto al Presidente di fornirci tutti i dati relativi ai costi di progettazione, trasporto e messa in opera, così da fare una chiara e corretta comunicazione, ma non abbiamo avuto riscontro. Nel frattempo però l’articolo su questa brutta opera abbandonata a se stessa ha avuto il merito di far miracolosamente e velocemente attivare il Parco del Monviso, che ha fatto intervenire del personale per rimuovere le macerie e risistemare alla meglio il tutto. Segno evidente che il dibattito in rete mobilita gli interventi. Ora la struttura appare priva del suo tetto, smantellato e accostato alla parete rocciosa e delle lose del tetto, in parte pare utilizzate per una pavimentazione.
Per fortuna quest’intervento del Parco ha provveduto alla provvisoria messa in sicurezza; il tutto però conferma che purtroppo per ovviare ad errori e inutilità dell’opera di un “privato” (ma non sarà poi il Parco ad averlo autorizzato?), a noi tutt’ora sconosciuto, è stato necessario un intervento pubblico, e quindi fondi pubblici.

In definitiva noi continuiamo a pensare, e il senso del nostro primo articolo ragionava su questo, che ogni opera pubblica (o di fruizione pubblica), dalla piccola alla grande, debba essere mossa da una reale necessità e da una attenta ponderazione del contesto in cui essa si inserisce ed interagisce, questa piccola pensilina riflette un modo di operare che dobbiamo lasciare al passato perché in tempi di risorse limitate lo spreco non è certo un bell’esempio.
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