Ci sono luoghi che si insinuano in profondità nel nostro intimo, siano essi paesaggi d’incredibile bellezza o piccoli angoli di poesia. Queste illuminazioni arricchiscono immediatamente il nostro spirito di luce e di armonia, di una serena percezione di sentirsi nel luogo giusto, nello spazio del nostro sentire.
Ecco questa sensazione è quella che trasmette il sapore di Saluzzo, quello che emana dai muri assediati dalle perenni muffe, dall’acciottolato delle sue numerose scalinate che ne scalano la collina del centro storico, dalla scenografica e teatrale Salita al Castello (la Castiglia), il suo gioiello prezioso Casa Cavassa.
Sovente scopriamo che questa sensazione, a volte si potrebbe dire di felicità visiva, viene generata, per quello che attiene i luoghi edificati dall’uomo, dalla patina, molto concreta, del suo passato, da una sorta di sfocatura che ci consente di vedere solo le cose più affini, tralasciando il resto.
Materiali costruttivi, tecniche, logiche a cui sicuramente si aggiungono secoli di stratificazioni sono elementi che ci avvicinano e ci attraggono, ma perchè?
La capacità di aderire al contesto morfologico del territorio, la mancanza di evidenti tracce di violenza verso il preesistente naturale, e, al contrario, la cura verso un adattamento congeniale e rispettoso, sono questi elementi di sicura fonte di armonia, ispirati da una saggezza oggi pressoché dimenticata.
La nostra era è quella del gigantismo più immenso, della velocità sempre più accelerata, quella di un idea di sviluppo che sbriciola la natura e la sottomette, pia illusione, al suo sfrontato pensiero di supremazia, ma sarà poi così nel tempo?
Camminando senza fretta per il centro storico di Saluzzo si può ritrovare qualcosa che si è perso, forse sottratto da questa insensata corsa; gli scorci che ci attendono sono vedute rigeneranti su cui fare affidamento. Naturalmente anche qui è giunta la scellerata modernità, si fosse solo contentata di progredire con garbo, e nell’inquadratura di un sogno romantico potrà comparire a valle la sagoma di un palazzaccio o di una fabbrica inopportuna, ma, fermandoci a questa mera riflessione estetica, il quadro che ci racchiude è quello di passato pervadente e affascinante. L’invito non può essere dunque che quello a rallentare e a dedicarsi un viaggio a ritroso gustandosi il sapore di Saluzzo, la bella del Marchesato.






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