Lontano dai luoghi della finzione e del frastuono, ho attraversato a volte una soglia invisibile e scoperto luoghi dello spirito: eremi, fonti, santuari, boschi millenari, a volte semplici toponimi. Soprattutto piccole valli, orientate come antenne paraboliche verso un silenzio planetario.
In questi spazi la parola – il logos – sembra riacquistare senso e rigenerarsi come in una cassa armonica. Qui il pensiero si espande naturalmente, e naturalmente incontra il Sacro, se non altro per il bisogno fisico di superare i contrafforti che gli chiudono l’orizzonte.
Mi piace pensare che tali luoghi contengano i codici criptati – illeggibili ai barbari – della resistenza all’annientamento, memorie orali antichissime dei princìpi della vita. Senza questi invisibili rifugi, probabilmente la montagna si sarebbe desertificata da tempo.
Testo: testo tratto da “La leggenda dei monti naviganti” di Paolo Rumiz, segnalato da Davide Garzino
Immagine: dipinto di Matteo Olivero
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