Come ogni vascello nel mare grosso, la montagna, può essere un insopportabile incubatoio di faide, invidie e chiusure. Ma può anche essere il perfetto luogo rifugio di uomini straordinari, gente capace di opporsi all’insensata monocultura del mondo contemporaneo. Contro questi “Giardinieri di Dio”, guardiani dei loro microcosmi, si sono accaniti in tanti: il fascismo, l’assistenzialismo dc, il monopolismo berlusconiano, l’arroganza della giovane sinistra, la grande distribuzione e perfino gli alti prelati. Il risultato è che la montagna- pur essendo la spina dorsale del paese- è totalmente scomparsa, guarda a caso con la resistenza, dalla politica e persino dell’immaginario nazionale. Sia le Alpi sia gli Appennini restano mondi subalterni, privi di autostima e di rappresentanza politica. Restano comunque periferie vitali capaci di tenere vivo il territorio e di impedirne la devastazione finale.
Testo: testo tratto da “La leggenda dei monti naviganti” di Paolo Rumiz, segnalato da Davide Garzino
Immagine: dipinto di Matteo Olivero
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