Camminando in montagna su strade bianche o sentieri può capitare, ormai sempre più sovente, di imbattersi in quad o moto fuoristrada che, con incedere più o meno moderato, ci passano a fianco riempendoci, nella migliore delle ipotesi, di polvere.
La prima domanda che viene subito in mente è perché proprio qui, perché vengono a rovinarmi la gita, il godere dei suoni della natura con il rumore smisurato di questi mostri della tecnologia? Naturalmente se vi capita di fermare uno dei centauri e farci due parole, vi dirà che lui va piano e rallenta quando vede le persone davanti e sarà fatica inutile spiegargli che il rallentare non è significativo, non è quello, o solo quello, il problema.
La presenza dei quad, e di tutti i mezzi a motore, vedi motoslitte ed eliski in inverno, sui sentieri di montagna genera dei problemi seri di impatto ambientale, aggiungendosi alla generale invadenza delle attività umane nei contesti montani. Ma forse l’aspetto che più di ogni altro lascia desolatamente amareggiati è la distanza nella comprensione e attenzione verso i luoghi che si attraversano. I territori di montagna e pedemontani sono stati per molti secoli sicuramente oggetto di antropizzazione con conseguente mutamento di aspetto, ma tutto questo avveniva nell’ottica di una necessaria spinta alla sopravvivenza dell’uomo. Boschi trasformati in terreni agricoli e mulattiere mutavano certamente quello che la natura, nella sua spontaneità, aveva creato, però in tutti gli abitanti di quei luoghi era chiaro il rispetto verso la terra, era evidente il legame che li univa, si era custodi per necessità. Ora al contrario viviamo in un mondo sempre meno collegato alla natura e sempre più le nostre azioni si impongono come atti di conflitto con essa e con quello che tanto spesso a vanvera si sottolinea come essere “il nostro passato”.
Ebbene fate una prova, chiedete ad un centauro se lui ha a cuore la montagna e le tradizioni del passato agricolo, probabilmente vi dirà che certamente bisogna tramandare, difendere le antiche usanze, difenderle dagli altri, forse anche e soprattutto contro che arriva da altri paesi. Ma chi gli spiega che quei sentieri, mulattiere o anche semplici sterrate carrozzabili se affrontate con una velocità superiore a quella del passo d’uomo si disgregano? A far manutenzione a queste vie di comunicazione, e non luoghi di competizione, ci sono ancora pochi e sovente anziani montanari che con pazienza, e senza essere pagati per questo loro impagabile lavoro, effettuano tutti quegli interventi che in un giorno il piacere insensato questi motorizzati cavalieri, poco cavalieri, devastano.
Allora cari centauri se siete amanti della natura e avete a cuore il passato e il futuro della montagna l’invito che vi facciamo è di procedete con cautela o meglio ancora di lasciare a casa i vostri smisurati mezzi e unirvi a noi nel cammino, dedicando magari qualche ora di tempo alla manutenzione delle strade o dei sentieri di montagna.
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