Salendo sul sentiero che porta al Colle di Viso, guardando verso la Val Pellice, c’è un punto in cui si colgono tre dei laghi del Re di Pietra: il Chiaretto, parte del Fiorenza e, per un occhio attento, anche il bacino del lago Superiore. Proprio al di sopra di questo suggestivo scorcio, verso sinistra, una piccola altura triangolare spicca sulle altre: è il Losas, o più precisamente sono le Rocce Alte del Losas. Questo sperone è unito alla cresta Est di Punta Udine attraverso il valico interno del Colle del Losas. La zona è ben conosciuta perché sulla sella del colle si trova il rifugio Vitale Giacoletti , noto punto di appoggio del giro del Monviso.
Un tempo questo rifugio era una caserma militare, collegata ad un’analoga costruzione posta vicino al Buco di Viso mediante l’aereo sentiero del Postino, che evitava così di scendere nel fondovalle e poi risalire. Dalla sommità delle Rocce Alte, facilmente accessibile in meno di mezz’ora di salita dal rifugio Giacoletti, si poteva beneficiare di una visuale strategica, almeno nelle giornate più terse, sulla pianura fino alle colline torinesi.
Questo storico retaggio ci permette oggi di allargare il nostro sguardo non solo qui, ma su tutte le terre del Parco del Monviso, ed in particolare sui sottostanti laghi e sulla catena del Re di Pietra.
La salita sul Losas si può fare in giornata attraverso svariati percorsi: da Pian del Re risalendo il ripido Coulour del Porco, o da Pian della Regina passando per il Vallone dei Quarti ed il lago Chiaretto, risalendo poi il sentiero classico per il rifugio Giacoletti, o ancora da Pian del Re transitando per il lago Superiore, superando una suggestiva cascata, e poi ricongiungendosi con il tradizionale sentiero per il rifugio.
Io ci sono salita direttamente dal Giacoletti, in una tersa mattina di inizio settembre, per ammirare l’arrivo dell’alba. Mi trovavo qui perché stavo facendo il giro del Monviso e avevo dormito al rifugio.
Era ancora buio, e mi ero incamminata insieme ad altre tre persone indossando la pila frontale. Quella mattina altri escursionisti incontrati al rifugio avevano invece optato per l’ascesa della maestosa punta Udine. Ci accomunava la felicità per la bella giornata (la sera prima ci aveva accolto una spessa coltre di nebbia) e la conseguente speranza di un magnifico panorama. C’era parecchio vento, e mi ricordo bene l’incontro ravvicinato con uno stambecco a mezza costa, con i suoi occhi tondi illuminati dalla mia pila. La luna piena era ancora alta, ma stava calando velocemente dietro i satelliti del Monviso: riguardo ancora oggi la foto del suo disco luminoso interrotto dal frastagliato profilo delle rocce. Il sole stava nascendo rosso dietro ai pendii del Losas, tingendo il cielo con i caldi colori dell’aurora. Le montagne erano dapprima violette, per poi accendersi di un rosa intenso man mano che il sole saliva. Una caratteristica nube, resa orizzontale dal vento, decorava la vetta del Monviso, facendolo apparire simile ad un vulcano in procinto di eruttare. Intanto continuavamo a salire su roccette rese un po’ scivolose dall’umidità del mattino.
In poco tempo guadagnavamo la cuspide delle Rocce Alte, ben esposta alle raffiche del vento. Qui un tabellone rotondo ben ancorato sulle pietre illustrava dettagliatamente il panorama a trecentosessanta gradi: Pian del Re e Crissolo, i laghi Lausetto e Superiore che apparivano a strapiombo sotto di noi, Punta Udine e Venezia, il Monviso ed il Viso Mozzo, e poi la Meidassa ed il Granero con i loro profili triangolari…
Il rifugio Giacoletti da qui era un minuscolo segno di presenza umana addossato alla nuda roccia della montagna.
Il vento fastidioso ed il desiderio di fare colazione ci inducevano a scendere. Un ultimo sguardo verso il Viso Mozzo mi regalava una fortuita immagine della silhouette di uno stambecco di profilo.
Le luci giù al rifugio si erano nel frattempo accese. Un altro giorno era ufficialmente iniziato.
Testo ed immagini senza logo di Elena Cischino, tutti i diritti sono riservati.
Beh che dire grazie, conosciuta per caso scrivi storie bellissime….