C’è aria di pioggia stamattina. Il Monviso si cela dietro le nuvole ed una cappa umida ci avvolge già in quel di Calcinere. Il profumo del pane appena sfornato di Davide Garzino ed il suo sapore che solo le cose buone di una volta possiedono ci animano mettendoci di buon umore per partire, al di là delle previsioni meteorologiche avverse. Il nostro itinerario si snoda quasi interamente nei boschi di Ostana e Crissolo, in quei boschi ora come non mai così lussureggianti e verdi, grazie alle copiose e continue piogge di questa pazza primavera. Boschi che accompagnano chi sale su fino alle sorgenti del Po. Boschi che circondano la strada fin quasi a mangiarla. Boschi che nei secoli hanno prevalso sulle costruzioni dell’uomo, a poco a poco avvolgendole fino a cancellarle quasi del tutto. Siamo in cinque e ci muoviamo su stretti sentieri calpestando le foglie rossastre dello scorso autunno che la coltre di neve ormai scomparsa ha preservato. Erba, ortiche e tarassaco fiancheggiano invadenti il nostro cammino. Muschi morbidi e smeraldini rivestono pietre di varie dimensioni ed i resti di meire e muri costruiti da chi doveva strappare alla natura concessioni giornaliere per poter sopravvivere in questi luoghi. Tracce di cinghiali che poco fa erano qui solcano la via. Odori di funghi e di vegetazione in decomposizione penetrano le nostre narici. Gli occhi si fanno attenti nel tentativo di scorgere movimenti di animali selvatici. La meta principale della nostra escursione è il santuario di San
Chiaffredo, che si erge solitario sulle alture boschive di fronte a noi, circondato dalle severe montagne della catena del Monviso, che intuiamo attraverso le nubi. Il bosco fitto talvolta si apre rivelando delle finestre panoramiche su questa suggestiva costruzione. Per raggiungerla noi, novelli pellegrini, percorriamo questo tortuoso percorso fra gli alberi e raggiungiamo il primo vero ostacolo naturale della giornata: il guado del rio Combe. L’acqua scorre impetuosa gonfiando il letto del torrente: è davvero impossibile attraversarlo senza bagnarsi o scivolare sulle pietre. Decidiamo di variare il percorso e procediamo per un po’ fuori dal bosco. Una lumachina dolcemente appoggiata su uno stelo sospeso compie lenti movimenti appena percepibili, incurante della forza impetuosa dell’acqua che le fa da sfondo. Un grosso faggio appena abbattuto giace maestoso sul ciglio della strada. Un altro esemplare, anch’esso di notevoli dimensioni, si erge invece nel bosco sovrastando gli altri alberi a lui vicini. Scendiamo giù da un bel pianoro e raggiungiamo il secondo punto di guado, questa volta si tratta del rio Tossiet, in corrispondenza di un punto di captazione dell’acqua. Scendendo con attenzione da una scaletta metallica, camminiamo con molta circospezione sulla griglia metallica che per fortuna non è stata scavalcata dalla furia dell’acqua. Sull’altra sponda, un piccolo capriolo giace senza vita: per lui l’attraversamento del torrente non è andato a buon fine. Lasciamo alle nostre spalle questa triste scena e rientriamo nel bosco, salendo in direzione del santuario. Più avanti, una lapide su una grossa balza rocciosa attira la nostra attenzione: ci troviamo nel luogo in cui quasi duecento anni fa furono rinvenuti i resti di San Chiaffredo, martire della Legione Tebea, per un accidentale caduta di un bue dalla roccia. Finalmente raggiungiamo il santuario. Il gentile signor Franco, devoto del santo e di questi luoghi da più di cinquant’anni, ci apre il portone con un paio di grosse e vecchie chiavi, svelando così l’interno della chiesa. Una
volta affrescata di celeste intenso sembra proteggere un’interminabile serie di ex-voto di varie epoche. Ciascun quadretto, dipinto con mani quasi naif, raffigura in modo genuino, ma efficace, i motivi della grazia ricevuta: un fortunato ritorno dal fronte, l’incredibile sopravvivenza a gravi incidenti automobilistici o a cadute rovinose da tetti o balconi, la vittoria su malattie incurabili… L’insieme di queste immagini ci fa constatare la fede e la devozione di tutte queste persone e le loro famiglie che non hanno esitato ad imputare a Dio per intercessione di San Chiaffredo la loro salvezza da queste terribili circostanze e situazioni. Usciti dal santuario ritorniamo dentro il bosco per dirigerci verso Borgo di Crissolo attraversando un bellissimo crinale costellato da innumerevoli maggiociondolo, di cui si intravedono le prime infiorescenze; tra breve tutto il paesaggio sarà indorato dal giallo dei suoi grappoli fioriti. A Borgo cogliamo la bella architettura di montagna della valle Po, di cui non sempre le ristrutturazioni ne tutelano la “natura”, e gli affreschi sulla religiosità popolare; rinfrescati alla bella fontana lavatoio ci dirigiamo verso la piccola chiesa di Madonna degli Angeli che raggiungiamo in breve tempo. Accovacciati sul prato intorno alla semplice costruzione religiosa diamo fondo alle provviste, con un occhio preoccupato verso il cielo sempre più denso di gonfie nubi. Dopo la foto di gruppo, iniziamo a passo sostenuto la discesa verso Ciampagna e quindi Ostana. Altri scorci del santuario di San Chiaffredo ci tengono compagnia mentre passiamo nuovamente nel bosco. Non piove, timidi raggi di sole riscaldano il panorama accendendone i colori. Passiamo per una faggeta che ancora una volta rinasce in primavera, dispiegando miriadi di foglie verdi che brillano al tenue sole come stelle di giorno. Di lontano, la melodia del Po appena nato ci culla fino al rientro su Ostana.
Giunti alle auto una doverosa indagine sui nostri vestiti e le parti esposte del corpo ci fa scoprire qualche traccia di quelle simpatiche bestioline che sono le zecche; la presenza di numerosi animali selvatici nei boschi ha contribuito alla diffusione di questo parassita, e quest’anno umido e piovoso sembra aver creato un habitat particolarmente favorevole alla sua diffusione.
Testo ed immagini senza logo di Elena Cischino, tutti i diritti sono riservati
Si dare giusto valore a questi luoghi ed io mi raccolgo con le tue descrizioni .. Brava!