La Meidassa è una montagna alta 3016 metri, posta lungo lo spartiacque tra la Valle Po e la Valle Pellice, vicino al monte Granero.
L’ascesa di questa cima non presenta difficoltà tecniche e, al pari del Viso Mozzo offre dalla vetta il vantaggio di un panorama eccezionale del Monviso e di tutta la sua catena, nonché della pianura.
Sono salita sulla Meidassa a settembre, quando l’autunno appena arrivato sa regalarci quelle giornate generose, dove il sole può ancora scaldarci sebbene l’aria sia già più fredda e frizzante.
Come un consumato artista, l’autunno in montagna sa mescolare sapientemente gli ocra ed i rossi delle distese erbose, creando decisi contrasti con il freddo grigio delle rocce ed il bianco della prima neve sulle cime più alte.
In alta Valle Po si aggiunge la magia della nebbia fluttuante che sin dalle prime ore del giorno si alza lenta, celando e poi svelando scorci da cartolina.
Per raggiungere la Meidassa seguiamo, per un buon tratto, lo stesso itinerario che da Pian del Re conduce al Buco di Viso. Il Re, il Visolotto ed il Viso Mozzo fanno da sfondo al nostro cammino, regalandoci brevi scorci del lago Fiorenza. Il sole è ancora basso. L’aria è pungente. Rari fischi di marmotte rammentano che è tempo di andare in letargo perché il freddo non tarderà ad arrivare. Procediamo sul nostro sentiero tagliando cenge erbose ormai gialle, ravvivate da rossi cespugli di mirtilli, che le lambiscono come tante piccole fiammelle.
Una timida salamandra di Lanzai ci regala una fugace apparizione, lucida nella sua livrea nera mentre faticosamente incespica sulle pietre.A breve il sentiero diventa pietraia. Arriviamo a Pian Mait con le fide sagome del Monviso e dei suoi satelliti che ci guardano le spalle. Di fronte a noi le Traversette, ed alla nostra destra il Granero e la Meidassa.
Risaliamo ancora sulle pietre fino all’altezza del rudere del forte Ordi, quindi deviamo verso la nostra destra e saliamo verso il Colle Luisas, tralasciando il sentiero per varcare il confine, che disegna una tortuosa serpentina sul ghiaione sotto di noi. C’è gente in prossimità del Buco di Viso, e l’eco ci rimanda le loro voci.
La zona in cui ci troviamo è esposta, ed il vento gelido si fa sentire. Saliamo ancora per una buona mezz’ora su sfasciumi rocciosi per arrivare sulla cima tondeggiante della Meidassa, inesorabilmente sferzati dall’aria fredda. Chiazze di neve fresca contrastano con il cielo azzurro e le pietre verdi. Qua e là tracce di filo spinato. Sul vicino profilo triangolare del monte Granero, una cordata di alpinisti è tesa nello sforzo di conquistarne la vetta.
Raggiunto il vasto altopiano sommitale veniamo letteralmente avvolti da un panorama di cime meravigliose, sotto un cielo azzurro popolato da bianche nuvolette paffute e soffici. Il Re di Pietra ed il suo ciclopico Dado troneggiano a sud, insieme ai satelliti Punta Gastaldi, Roma, Udine, Venezia e Rocce Fourion. Spostandosi verso Ovest riconosciamo il Granero e una sfilata di vette del Delfinato, che tingono l’orizzonte prossimo a noi con i loro pendii color terra di Siena e, più da lontano, altre biancheggiano innevate stagliandosi contro l’azzurro del cielo. Sotto al Granero individuiamo l’omonimo rifugio ed il suo Lago Lungo dal singolare colore blu cobalto. Verso nord, una distesa di nuvole occulta purtroppo i titani delle Alpi: Monte Bianco, Gran Paradiso, Cervino e Rosa. A est spicca il profilo caratteristico del Viso Mozzo. Ci arrampichiamo sul cippo di pietre sulle quali si erge la croce di vetta. Pranziamo, scattiamo un po’ di foto e poi iniziamo la discesa lungo la stessa via di salita.
La fugace apparizione di un’aquila che volteggia solitaria nel cielo per poi sparire oltre le creste di Punta Roma riempie i nostri occhi per qualche istante.
Lungo la via del ritorno, il panorama è reso ancora più affascinante dalle nebbie di fondovalle da cui a tratti emergono maestose ed irreali le vette del gruppo del Viso.
La nebbia, seppur leggera, ci accompagna fedelmente fino a Pian del Re, facendo di tanto in tanto apparire placide mucche che ruminano incessantemente, e i cui muggiti si perdono stancamente nella vastità del pianoro dove nasce il Po.
Testo ed immagini di Elena Cischino, tutti i diritti sono riservati.
Lascia un commento