(Prima parte)
Da diverso tempo ormai Ostana è al centro dell’attenzione mediatica per le numerose azioni e progetti portati avanti dall’indomabile e vulcanico sindaco Giacomo Lombardo che è riuscito a far tornare a vivere molte delle borgate che costituiscono il comune nella alta valle Po. La recente nascita di un nuovo residente, Pablo, rimbalzata su tutti i giornali che hanno intervistato i genitori, gestori del rifugio la Galaberna, è un segnale reale e tangibile degli sforzi fatti per rendere Ostana un luogo bello, accogliente e invitante anche per nuovi giovani residenti.
Qualità architettonica, identità e comunità, sostenibilità ambientale, offerta di un turismo pertinente e rispettoso dei luoghi sono le principali caratteristiche e i temi che si rincorrono nel definire oggi il borgo di Ostana, che è diventato un vero e proprio “laboratorio” per la costruzione di una nuova abitabilità della montagna. La rivitalizzazione del patrimonio di immobili – pubblici e privati – ha permesso un reale reinsediamento, di famiglie e anche di giovani, che hanno creato nuove attività imprenditoriali, in particolare nel campo dell’agricoltura e nel settore turistico-ricettivo. Sicuramente quella di Ostana è una vicenda non comune, specie se pensiamo al contesto delle valli delle Alpi occidentali italiane, dove il patrimonio architettonico e paesaggistico continua molte volte ad essere visto più come un problema che come un’opportunità. Al recupero del patrimonio architettonico, sottolineato come segno di una comunità attiva che rinasce, la volontà dell’amministrazione è stata quella di lavorare e operare per una preziosa opera di crescita culturale attorno alle radici occitane, contribuendo a creare il senso di comunità che oggi rende vivo un paese. Il riuso e la riqualificazione del patrimonio architettonico, ma anche la costruzione degli edifici ex novo in un’ottica di qualità, hanno determinato una nuova identità e riconoscibilità di questo piccolo comune di alta montagna, duramente colpito dai processi di spopolamento del secondo dopoguerra (da 1200 abitanti negli anni ’60 a 5 vent’anni dopo; oggi sono 76). Tra gli ultimi progetti di nuove costruzioni sul territorio delle borgate di Ostana, una serie di interventi promossi dall’amministrazione comunale, hanno determinato: la riorganizzazione dell’ingresso del paese, con la nuova porta di Ostana, la realizzazione di una palestra di roccia accanto al rifugio “La Galaberna”, la costruzione dell’ala pubblica, del Centro Culturale Polifunzionale “Lou Pourtour” nella borgata Sant’Antonio di Miribrart e del Centro Sportivo e Benessere. Si tratta di progetti a firma degli architetti e docenti del Politecnico di Torino, Antonio De Rossi, Massimo Crotti (Istituto di Architettura Montana) e Marie-Pierre Forsans. Tutto questo grazie a importanti finanziamenti ai quali è stato possibile accedere. Infatti Ostana è anche uno dei trenta Comuni che ha ricevuto i finanziamenti – per la borgata Sant’Antonio – dalla Regione Piemonte nel 2009 (fondi del Psr). Sicuramente la rinascita di Ostana è frutto di un percorso lungo e difficile, intrapreso dalla comunità locale, dai sindaci (a partire dalla fine degli anni Ottanta) e anche da alcune singole persone che hanno creduto e investito molta della loro vita ed energia. Come non ricordare le attività promosse dal regista e scrittore Fredo Valla, noto al grande pubblico dopo il successo della sceneggiatura del film Il vento fa il suo giro, e che qui ha voluto realizzare una Scuola di Cinema insieme a Giorgio Diritti, e l’architetto Renato Maurino, al quale si deve in questi anni di lavoro attento la trasformazione di Ostana in un piccolo laboratorio en plein air di architettura alpina, prima dell’arrivo del gruppo di progettisti del Politecnico. Di recente ho avuto la fortuna di poter seguire un percorso tra le architetture di Ostana unendomi ad un gruppi di giovani condotti dagli architetti Renato Maurino e Paolo Bovo, tornando così a discutere di geometrie, posa dei materiali, taglio delle pietre, allineamenti, insomma dalla teoria alla pratica dell’architettura, ritornando ad apprezzare queste esperienze, ormai sempre più spesso relegate al passato universitario.
Ad Ostana dialogano la tradizione e l’innovazione, il vecchio (quello che sempre più spesso, anche poco opportunamente viene citato come il saper fare dei nostri antenati) e il nuovo, le ristrutturazioni di molte case private e gli interventi promossi dall’amministrazione pubblica. Nuove sperimentazioni che prendono le mosse dalla padronanza antica non sempre con la stessa attenzione e anche spontaneità di chi costruiva le case nelle borgate storiche, non affidandosi a tecnici specializzati, ma riproponendo ciò che per secoli era stato il modus costruendi del luogo. All’inizio di questo articolo ho utilizzato due parole: recupero e specificità dei luoghi sui quali vorrei fare alcune considerazioni. Sono ovviamente due termini molto ricorrenti nell’esperienza di Ostana e assai diffusi anche nei progetti che si incentrano sulle borgate alpine. All’interno di libri, convegni e saggi spesso viene sottolineato come la specificità dei luoghi è in molti casi riferita al riuso dei materiali costruttivi provenienti dallo stesso territorio (e anche qui bisognerebbe aprire una ulteriore parentesi pensando alle lose valdostane che ormai non provengono certo più da quel territorio, ma se va bene sono in pietra di Luserna o in molti casi giungono da molto più lontano) piuttosto che al riproporre singoli elementi architettonici riducendoli a modelli spesso estranei alla nuova architettura che si costruisce. Ma che cosa è in realtà la peculiarità che un territorio manifesta nella sua architettura, quali sono gli elementi che ci fanno capire di essere in un insediamento della valle Po piuttosto che in uno della valle Maira o in Valtellina? Sono proprio quelle tradizioni costruttive nel tagliare una trave, nel posare un tetto, nello stendere un intonaco, nello scegliere un materiale rispetto ad un altro, spesso semplicemente perché era quello che si trovava nel bosco vicino a casa; così come l’uso dei colori che rispecchiano quella stessa natura, visto che nessuno si sognava di utilizzare come base dell’intonaco delle case un colore che non derivasse dalle terre del luogo. Le geometrie non erano mai casuali, le dimensioni degli elementi costruttivi, il posizionamento delle aperture erano rapportante all’ambiente, al territorio, alla vita, al sapere e alla cultura del luogo. Certo oggi le nostre esigenze nell’abitare sono significativamente cambiate e notevoli variazioni vengono proposte per rendere abitabili e fruibili gli spazi delle case di borgata. L’utilizzo di nuove soluzioni tecniche permette un comfort abitativo che altrimenti sarebbe impensabile di poter avere in queste case antiche; gli spazi vengono aperti e uniti variando in modo radicale la suddivisione e la parcellizzazione di quelli ambienti molto piccoli (e quindi più facili da illuminare con finestre ridotte e da scaldare con il camino o la stufa o non riscaldate affatto) che oggi non raccolgono più il piacere di chi li vive. Insomma come sempre la mediazione tra le nuove esigenze abitative e un sistema costruttivo storico impone pensieri e riflessioni attente prima di intervenire trasformando radicalmente non solo la singola casa, ma l’intera borgata, il paesaggio costruito e quello dell’ambiente circostante. A Ostana interventi sapienti sono stati condotti, interventi che manifestato immediatamente la loro contemporaneità pur con inserimenti che in molti casi propongono armonia di linguaggio e di contesto. Sono numerose le ristrutturazioni di piccoli edifici montani che mantengono la riconoscibilità dell’impianto complessivo, pur avendo aumentato le dimensioni magari unendo più case, ma con la riproposizione di un sistema costruttivo analogo a quello originario, almeno in alcuni particolari come le coperture, i terrazzi in legno riparati dagli ampi spioventi dei tetti che si aprono verso il paesaggio magnifico delle montagne…e in questo la lezione dell’architetto Maurino è esemplare. In molti casi però si è persa la capacità artigianale di costruire un muro in pietra (soffermatevi a guardare la differenza tra i muri antichi e quelli delle ristrutturazioni di oggi: giunti con malte improprie, pezzatura regolare dei conci, disposizione dei conci completamente differente rispetto all’originale, o ancora peggio blocchi sovradimensioni o tagliati con sistemi meccanici…, anche perché oggi si tratta sempre di rivestimenti rispetto ad una struttura portante in cemento armato), oppure nel progettare e realizzare un tetto a lose, dove le pietre vengono tagliate in modo maldestro, posizionate senza attenzione agli allineamenti e gli sporti annullati oppure di profondità spropositata. Insomma non basta usare la pietra del posto (sempre che lo sia) per costruire un muro o un tetto, o ancora riproporre lo stesso tipo di balconata ma con elementi di legnami impropri o con una disposizione completamente errata, per mantenere quella specificità del luogo al quale facevo riferimento e che costituisce oggi più che mai il patrimonio di una civiltà semplice come quella montana che è necessario mantenere e conservare realmente.
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Testo e immagini: Silvia Beltramo
Letture consigliate:
Rivista dello IAM: ArchAlp. Ricerche per il territorio alpino (scaricabili dal sito http://areeweb.polito.it/ricerca/IAM/archalp/)
Francesco Doglioni, Nel restauro. Progetti per le architetture del passato, Marsilio, Venezia 2008
Dematteis, G. Doglio, R. Maurino, Recupero edilizio e qualità del Progetto, Primalpe, Cuneo 2003
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