Il cielo estivo in montagna è l’infinito palcoscenico azzurro dove i nostri sogni e pensieri vanno in scena sotto forma di nuvole. Sospinte dal vento della nostra immaginazione, le nuvole fluttuano cambiando continuamente forma e significato, avvolgendo con il loro etereo abbraccio morbido le montagne e accarezzando leggere i pianori.
Ogni volta che contemplo questo gigantesco diorama ritorno bambina, e visualizzo fantasiose creature che cavalcano i cieli e combattono epiche battaglie fino a dissolversi per poi ricomporsi altrove in differenti sembianze.
Il sole, manifestandosi e scomparendo dietro questi castelli di cotone, accende o spegne porzioni di scenografia in un gioco di chiaroscuri e controluce rafforzati dalle apparizioni fugaci dei frastagliati profili delle cime. Talvolta alcune nuvole si ammassano e si addensano diventando cupe e minacciose dando vita a improvvisi temporali, oppure si disgregano repentine al vento in innocui cirri passeggeri. Tutto questo volteggiare nel cielo crea singolari effetti sulla terra: le ombre delle nuvole ricoprono parte dei pianori, e ciò che resta al di fuori viene baciato dal sole. Così certe rocce brillano come argento mentre altre appaiono scure e severe. Alcune di esse sono simili a profili di enormi volti caricaturali che fissano un indefinito punto all’orizzonte per l’eternità.
I verdi prati nel pieno della fioritura accolgono i profili viaggiatori delle nuvole, e mano a mano che questi si muovono insieme alle loro ombre, i gialli ranuncoli diventano come milioni di lucine accese all’unisono, mentre il già sfacciato rosa dei garofani si ostenta ulteriormente creando accostamenti tonali sgargianti con l’erba e gli altri fiori.
Sporadiche campanelle violette ondeggiano nella brezza le loro corolle chine. Isolati cardi rosa rivolgono i loro pungenti petali verso il cielo, quasi rivolti verso le montagne che a tratti emergono fra le nuvole.
Il silenzio assordante è rotto dal sommesso e continuo ronzio degli insetti che pullulano fra l’erba. Ombre e luci. Il silenzio delle pietre e il suono della vita piccola. Il battito del mio cuore ed il fluire dell’aria dentro di me attraverso le mie narici, che percepisco se mi concentro su me stessa. Essere parte della natura, seduta sul confine fra cielo e terra. Riuscire a volare guardando le nuvole. Semplicemente, esistere. Vivere. Esistono molti luoghi in montagna dove ciascuno di noi può provare e trovare tutto questo. Per me i colli spartiacque o le piccole alture sono ideali per lo scenario che offrono senza dover percorrere troppo dislivello. E la valle Po, con le sue nebbie, le sue nuvole e soprattutto la costante presenza del Re di Pietra è impareggiabile. Ero al Colle della Gianna questo Ferragosto, insieme all’amico Marco di Monviso Piemonte, salendo da Pian Regina. Su un versante la Valle Po e sull’altro la Val Pellice. La corona di montagne si svelava solo a tratti e mai completamente. Quando accadeva, i profili scuri in controluce dei Titani di roccia giganteggiava sulle verdi alture sopra Pian del Re. Da questa nuova ed inaspettata prospettiva si vedeva distintamente il lago Fiorenza che, a seconda dei colpi di luce, assumeva sfumature ora azzurre, ora smeraldine, ora blu intenso mentre le sue sponde parevano velluto verde chiaro o quasi grigio. Osservare gli effetti del passaggio delle nuvole sullo specchio d’acqua era ipnotizzante ed il tempo volava. Lo sguardo si spostava poi sui dedali di sentieri che ricamavano i pendii, ed era divertente intuire dove essi portavano: dalle sorgenti del Po a Pian Fiorenza e poi verso il Colle di Viso fin su al Viso Mozzo, oppure su verso il Lago Superiore e poi al rifugio Giacoletti, o ancora al Coulour del Porco fin sotto a Punta Udine.
Rivoli di torrenti rigavano le pareti di pietra per confluire più sotto tutti insieme nel neonato Po.
In lontananza la piccola chiesetta di Madonna della Neve si affacciava sulla valle dalla sua piccola piattaforma rocciosa. Scendendo proprio in quella direzione incontravamo una salamandra nera di Lanzai e poi un curioso e velocissimo cucciolo di marmotta appena uscito dalla tana.
Costeggiando la chiesa ci avviavamo verso Pian della Regina, passando accanto alle prime e più alte cascate del Po. La potenza dell’acqua che strapiombava fragorosamente dalla roccia, i tre salti che si diramavano dall’alto e si riunivano nell’impetuoso corso d’acqua che incessante scendeva verso valle per diventare fiume sono sempre magnifici ed ogni volta mozzano il fiato. Le minuscole goccioline che si sprigionavano durante la caduta irroravano la zona tutt’intorno rendendola verde e lussureggiante. Grosse felci e muschi decoravano le rocce e proprio vicino ad una polla d’acqua mazzi di infiorescenze rosa salmone contrastavano diritte sullo sfondo della spuma bianca della cascata. Era bello restare a contemplare questo regalo della natura, ed ascoltare il suono poderoso dell’acqua. Dopo aver scattato qualche foto ritornavamo all’auto, passando in mezzo ad un ultimo tratto di alta erba secca. Placide mucche ruminavano poco distanti da noi, osservandoci pigramente.
Testo ed immagini senza logo di Elena Cischino, tutti i diritti sono riservati.
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