Gli escursionisti che oggi transitano lungo il sentiero che conduce al rifugio Quintino Sella o al Vitale Giacoletti giungono ad un certo punto al suggestivo lago Chiaretto, dal singolare colore turchese. E’ impossibile restare indifferenti al fascino di questo specchio d’acqua, e neppure si può fare a meno di notare le ciclopiche pietre che ne circondano le sponde, chiedendosi perché sono lì. Seguendone idealmente la traccia, l’occhio cade sulla parete Nord del Monviso, sulla quale spicca un puntino rosso incastonato sulla severa roccia: il bivacco Falchi-Villata.
Il lago, la montagna ed il bivacco. Questi tre elementi, solo ventinove anni fa, sono stati i protagonisti di un fatto che poteva sfociare in tragedia, e che modificò in modo significativo la zona. Infatti, chi ha avuto modo di passare di qua prima dell’evento si ricorderà sicuramente un lago Chiaretto più grande, di forma diversa e con sponde più amene.
Proverò a rievocare, basandomi sui fatti reali, quanto accadde, e ad immedesimarmi nello stato d’animo di chi si trovò per caso là.
E’ una calda notte estiva quella del 6 luglio 1989. I due alpinisti giunti fin qui per sfidare la parete Nord del Monviso e risalirne il canalone di Coolidge per conquistare successivamente la vetta stanno tentando di prendere sonno. L’eccitazione per l’impresa del giorno successivo li tiene ancora svegli, in due delle sei brande del bivacco Falchi-Villata, una minuscola scatola rossa di metallo abbarbicata a circa duemilaseicento metri di altezza su uno sperone roccioso che incombe sul turchese lago Chiaretto, posto più in basso.
Sono le 22.45. Un improvviso rombo cupo in quota minaccia il silenzio dell’oscurità alpina. I due uomini sbarrano gli occhi e tendono gli orecchi cercando di intuire cosa sta succedendo sopra di loro.
Pochi interminabili secondi ed il rombo diventa boato, poi frastuono. Intanto tutto trema. Un cieco terrore invade i due alpinisti intrappolati nella loro scatola rossa. L’impulso a scappare è fortissimo, ma la muscolatura è paralizzata ed i polmoni sono così pesanti che ai due uomini pare di soffocare. Le urla strozzate restano in gola, insieme alle palpitazioni che accelerano vertiginosamente. Ogni possibile suono, ogni disperata richiesta di aiuto che riesce ad uscire dalla loro bocca è inesorabilmente sovrastata dal rumore di duecentomila metri cubi di ghiaccio e detriti che avvolgono il puntiforme bivacco, lo scavalcano, lo sorpassano, lo deformano ma non lo travolgono nella loro furiosa corsa. Il metallo resiste sulla roccia, custodendo i due uomini, inermi di fronte alla prepotenza della natura e già rassegnati ad un tragico epilogo.
La mastodontica massa di detriti si scarica più in basso, colmando per sempre una buona metà del lago Chiaretto. La forza di impatto è talmente elevata che la frana risale ancora di cinquanta metri prima di arrestarsi.
Più giù, a Crissolo, sono in molti ad aver sentito il tuono della montagna. Più lontano, oltre venti chilometri in linea d’aria, il sismografo di Stroppo in Val Maira inizia a vibrare.
La mattina, una grossa ferita squarcia la parete Nord Est del Re di Pietra, e a chi guarda diventa evidente ciò che è successo: due terzi del pensile ghiacciaio superiore di Coolidge si sono staccati, rovinando verso il basso e trascinando con sé tutto quanto si trovava lungo la sua corsa.
Solo un puntino di metallo rosso resisteva, lì al suo posto, come la casa costruita sulla roccia di biblica memoria: il bivacco Falchi-Villata, scatola dei miracoli. I due sopravvissuti, vomitati finalmente fuori da quel ricovero, ritornano in qualche modo alle loro vite, segnate per sempre da questo evento naturale di carattere eccezionale, increduli di poterlo raccontare.
Molto si discute sulle cause responsabili di questo fenomeno, eccezionale per le Alpi Cozie, sia per le sue dimensioni che per gli effetti prodotti. Parecchi studi sono stati fatti al riguardo, soprattutto a scopo preventivo, in modo da anticipare la potenziale manifestazione dell’evento e prendere gli adeguati provvedimenti di evacuazione delle zone a rischio prima che l’evento si verifichi.
Testo e immagine del bivacco Falchi-Villata di Elena Cischino, tutti i diritti sono riservati
Vai alla seconda parte del racconto sul crollo del ghiacciaio Coolidge
Avendo apprezzato l’articolo, scritto a suo tempo, ti informo che gioedì 26 dicembre 2019, un’ennesimo crollo dal Coolidge centrale alle 10,30 circa, ha causato un’enorme frana. Con un rombo assordante e una nuvola di polvere che ha coperto il versante nord est del Monviso, i detriti hanno raggiunto la dorsale morenica che arriva dal colle dei Viso senza superarla.
L’immagine vista dal Bricas ha impressionato i numerosi scialpinisti presenti.
Buonasera Teresio, grazie per il suo commento. Il 26 dicembre 2019 non ero lì, ma ho visto parecchi filmati della frana in corso e sono rimasta davvero impressionata dall’accaduto. Pensi che due mesi prima ero salita alle Cadreghe di Viso, transitando proprio in prossimità della zona nuovamente franata…