Gli albicocchi sono ormai sfioriti e con i primi di aprile inizia la fioritura dei ciliegi. Gli alberi da frutto posano i fiori solo una volta che questi sono stati fecondati. Se invece qualche malanno colpisce i fiori prima della fecondazione essi marciscono, appassiscono sulla pianta e da bianchi si fanno marroni. Il malanno solitamente si chiama Monilia ed anche i ciliegi ne soffrono. Come tutti i funghi amano l’umidità e se l’inizio di primavera è fatto di settimane piovose mi fa temere per un raccolto per me duplice: prima delle ciliegie infatti spero nel miele pregiato, primizia squisita con i suoi sentori di marzapane. Arancione ambrato da liquido solidifica con cristalli fini e di colore paglierino. Se la stagione accompagna il raccolto può anche essere abbondante perché oltre a quelli coltivati le api pascoleranno anche quelli selvatici sparsi nei boschi fin oltre i 1200 m di altitudine.
I ciliegi sono alberi forestali di prima grandezza e dai loro tronchi si ricava un legno duro ma che teme i funghi ed i tarli. Non può essere usato per esterni ma è molto apprezzato dai mobilieri per la sua lavorabilità ed il colore caldo che va dal rossiccio al dorato. Oltre che per i mobili viene usato per parquet e pareti con risultati sempre molto eleganti.
Prunus avium è considerato una specie sporadica ma non è poi così rara a guardare in questi giorni i nostri boschi ancora bruni e spogli che si imbiancano delle numerose chiome di ciliegio. Lasciato libero di crescere prende una forma detta piramidale ossia larga alla base e via via più stretta fino a concludersi a punta. Il tronco ed i rami sono lucidi, bruno-violacei segnati da anelli orizzontali. In mezzo ad un prato o in un giardino sufficientemente grande fa una bella figura in ogni stagione. In inverno possiamo ammirare la regolarità con cui sono disposti i rami in palchi regolari, in primavera godremo della fioritura, in estate il bel verde delle foglie non riesce a nascondere il breve rosseggiare dei frutti e segnerà l’arrivo dell’autunno con una fiammata di foglie dorate e rossicce. Le ciliegie selvatiche o coltivate sono tutte irresistibilmente buone. Le prime più piccole rosso vinoso e tenere, le seconde più grandi e di vari colori dal bianco sfaccettato di rosso dei piemontesissimi graffioni passando per i vari toni del rosso fino al quasi nero dei duroni. Anche qui la tendenza del mercato verso il rosso intenso, così vecchie varietà chiare e per di più tenere vanno perdendosi. Selvatiche o no sono sempre piante grandi così i frutticoltori adottano portainnesti nanizzanti e potature a volte complesse per tenerle basse e facilitare la coltivazione e la raccolta. D’altronde raccogliere un chilo di ciliegie richiede tempo e tanto più su alberi grandi e questo, sommato al fatto che si conservano poco, spiega il prezzo alto di questa frutta. Non solo noi uomini siamo golosi di ciliegie. Volpi e cani ne ingurgitano in quantità noccioli compresi ed anche merli, cornacchie, gazze, ciuffolotti e vari altri uccelli partecipano alla festa. Così mangiando frutti interi e defecando i semi qua e là contribuiscono a far nascere nuove piante e nei boschi negli incolti. Da questo legame con gli uccelli deriva il nome botanico che vuol dire Pruno degli uccelli. Prunus cerasus (da cui deriva le varie voci dialettali ceresa, cerasa, serisa nonché il francese cerise) è invece per i botanici l’albero delle amarene e delle marasche che sono più acidule delle ciliegie ma superiori per gusto e profumo per farne confetture, frutta candita ed il maraschino. La tradizione vuole che le ciliegie (ed anche le albicocche) siano state portate in Italia dal Mar Nero dal console romano Lucio Licinio Lucullo per coltivarle a Roma e deliziare gli ospiti dei suoi celebri banchetti (detti appunto luculliani). Gli archeologi hanno però trovato noccioli di ciliegio presso siti Europei risalenti al neolitico. Secondo me una cosa non esclude l’altra, il goloso guerriero romano può benissimo aver trovato in Oriente varietà di ciliegio dai frutti più attraenti di quelli piccoli e scuri dei ciliegi selvatici nostrani. Ed ha fatto quello che l’umanità ha sempre fatto da quando ha inventato l’agricoltura: se lo è portato a casa. Un’altra volta parleremo di quanto questo “vizio” abbia influito ed influisca sulla nostra vita. Per ora concludiamo ricordando Prunus serrulata: è il ciliegio ornamentale la cui fioritura è celebrata in Giappone con l’Hanami. È una festa dedicata ad ammirare la fioritura in giardini creati appositamente. La gente si raduna per trascorrere il tempo sotto chiome cariche di fiori bianchi o rosa e far festa godendo di una bellezza tanto emozionante quanto effimera. Come la vita in fondo.
Testo: Paolo Maria Cabiati
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