Come sia venuto in mente al Marchese di Saluzzo Ludovico II del Vasto nel 1479 di dar vita a quello che sarà chiamato il “Buco di Viso” e passare così alla storia come il fautore del primo traforo delle Alpi non è dato sapere. Sicuramente la mancanza di uno sbocco sul mare del suo piccolo principato lo avranno reso più disponibile nei confronti di quella che per l’epoca doveva esser un’idea al limite del surreale.
Di fatto Ludovico II era un personaggio più propenso ad allargare i confini del proprio marchesato, attraverso guerre, alleanze ed intrighi di corte, come voleva la moda dell’epoca del resto, che non un uomo attento alle politiche commerciali. Immaginiamo comunque quanto dovette esser stato felice di averlo finanziato quando lui stesso lo userà per abbandonare il suo marchesato sette anni dopo e fuggire così in Francia.
Un progetto per l’epoca a dir poco avveniristico, scavare un tunnel profondo 75 m. alto 2 in grado di permettere la circolazione in entrambi i sensi di marcia delle carovane formate prevalentemente da muli e dal loro importante carico di sale, mettendo così in contatto la regione del Queyras con la nostra val Po. Un progetto portato a termine in 18 mesi! Tempi, considerati i mezzi a disposizione e l’inaccessibilità al cantiere per la maggior parte dei mesi dell’anno, da far impallidire una qualsiasi ditta di escavazioni dei giorni nostri.
Abbassare di circa 70 metri di dislivello il punto di passaggio, ossia dai 2950m del Colle delle Traversette ai 2882m del tunnel permise non solo di rendere più agevole il passaggio, ma soprattutto di renderlo più sicuro. Quei pochi metri di dislivello potevano fare la differenza tra il perdere un mulo o l’affacciarsi sull’altro versante incolumi. Gli ultimi metri per arrivare al colle infatti rimanevano e rimangono tutt’ora spesso innevati anche durante i mesi estivi rendendo così problematico il passaggio delle ingombranti e pesanti carovane.
Il tunnel ebbe un immediato successo se pensiamo che già nel 1482 a meno di due anni dall’apertura ufficiale del Pertus, la Gabella di Saluzzo contava un passaggio di 20.000 sacchi di sale concentrati nei pochi mesi estivi in cui il tunnel era fruibile. Questi dati ci fanno supporre un discreto traffico a quelle quote, dovevano esserci momenti in cui tunnel e i sentieri per raggiungerlo fossero piuttosto congestionati.
Chi lo avrebbe mai detto problemi di traffico nel 1400! Fatto sta che oltre al preziosissimo sale dalla Francia arrivavano anche stoffe, bestiame e persino mobili; in senso contrario invece riso, olio, lana. In seguito ogni calata nel bel paese degli eserciti francesi utilizzò questo passaggio, in tempo di pace merci regolarmente dichiarate ma anche di contrabbando continuarono a passare per il “Buco”, almeno sino all’inizio del 1600 quando il marchesato passò in mano ai Savoia i quali per veicolare il transito dei mercanti attraverso il colle del Moncenisio e quello del Monginevro lo fecero ostruire.
E così vi rimase quando per volere di Napoleone, sempre lui! Fu riaperto per venire richiuso subito dopo.
Nel 1800 a più riprese gli abitanti di Crissolo liberano gli ingressi dalle frane, ma il tipo di roccia estremamente friabile unita alle quota, vanificarono questi tentativi di riportare il Buco di Viso agli antichi splendori. Nonostante ciò per gran parte del 1800 il tunnel sarà muto spettatore del passaggio dei nostri migranti verso la Francia. L’ingresso nel frattempo si riduce al punto che verso la Francia permetteva il passaggio di un solo uomo per volta. E’ questa è la situazione in cui lo si poteva trovare sino a poco tempo fa, ossia sino a quando i lavori di ripristino terminati nell’estate del 2014 hanno riportato il primo traforo delle alpi alle originarie dimensioni.
Il Buco di Viso è visitabile con l’escursione giornaliera o con la partecipazione al Tour del Viso proposto da Monvisopiemonte. Durante il nostro trekking andremo ad attraversarlo il terzo giorno dopo aver lasciato il rifugio Giacoletti e aver percorso il “sentiero del postino” per sconfinare in Francia e pernottare presso il rifugio Visò, un tratto di cammino il cui profumo di storia non potrà che inebriarci.
Testo: Andrea Arnoldi – Accompagnatore naturalistico MonvisoPiemonte
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